Fermata del bus
1 dicembre 1955: una donna afroamericana cambia la storia dei diritti umani

Montgomery, Alabama 1955.

Troppa polvere nell’aria a ingrigire il peso della giornata che grava sulle mie gambe, qui in fila, in attesa che arrivi l’autobus per tornare finalmente a casa. Ancora qualche minuto.

Seguo ordinatamente la fila e al mio ingresso nel vagone sorrido perchè vedo qualche posto ancora libero, ma accidenti sono nel settore dei posti comuni! Già per quella illogica legge razziale i bianchi hanno posti riservati, ma al diavolo io ci provo! Mi siedo senza dare troppo nell’occhio nella zona dei posti comuni, anche pochi minuti basteranno alle mie povere gambe per trovare sollievo.

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Nella difficoltà costruiamo il nostro giardino

Le notizie di questi giorni preannunciano nuove restrizioni per preservare una esponenziale diffusione della pandemia che attualmente sta facendo salire vertiginosamente la curva dei contagi. Siamo tutti sensibili alla ipotesi di un probabile nuovo lockdown, perché si tocca la nostra libertà ed è proprio quando ci viene sottratta che ne percepiamo con più urgenza l’importanza. E’ in queste situazioni che non bisogna chiudersi nel pessimismo e guardare con determinazione al positivo, perché per dirla alla latina “per angusta ad augusta”, attraverso le vie difficili si raggiungono vie migliori.

Può aiutarci pensando al senso di questi richiami: il bene comune.

Nella storia ci sono tanti esempi di resilienza, nelle situazioni difficili può comunque nascere lo straordinario: un esempio è nella figura di Raphaël Sommer.

Musicista originario di una famiglia ebrea di Praga, morto nel 2001, fu travolto dall’esperienza nazista, deportato insieme alla sua famiglia nel 1942 a Theresienstadt, un campo di concentramento ceco dove i nazisti segregarono esponenti delle élites ebraiche. La madre di Raphaël Sommer, Alice Herz Sommer, salvò se stessa e il figlio grazie al suo talento e alla forza che trasse dalla musica, una passione che a lui lasciò in eredità..

Il famoso musicista nella sua autobiografia dedica queste parole alla madre:

«I miracoli sono accaduti persino nei giorni più bui del XX secolo. Mia madre ha creato per me un giardino dell’Eden in mezzo all’inferno. Mi costruì attorno un robusto muro d’amore e mi trasmise una sicurezza così grande che non trovai nulla di insolito nella nostra esistenza. Mi fece il regalo più prezioso di tutti: un’infanzia felice. Il fatto che vi sia riuscita entro i confini di un campo di concentramento nazista deve essere considerato un autentico miracolo».

Ognuno di noi può costruire il proprio giardino, fatto di relazioni momentaneamente più virtuali che reali ma non meno sincere e desiderate. Alice Herz-Sommer fece della musica il senso di quell’esperienza, esercitandosi nell’esecuzione di pezzi difficilissimi che donò in diverse esecuzioni a quanti condivisero con lei quel tempo e soprattutto a suo figlio.

La musica alimentò il loro ottimismo.

Non lasciamoci convincere dalla pigrizia che può lasciar trascorrere questi giorni nello scoraggiamento lasciandoci privi di impegni o dedizioni, costruiamo il nostro giardino:

troviamo il senso di questo tempo facendo il meglio di quello che possiamo offrendolo agli altri, la vicinanza anche senza il contatto è presenza.

In questo momento questo virus ci sta insegnando che non dobbiamo lasciarci soli,
ci toglie gli abbracci, le strette di mano ma resta il pensiero.

Finirà come fanno i tornado e le tempeste, ma non dobbiamo lasciarci devastare,

non dobbiamo inaridire, dobbiamo invece costruire.